Onorevoli Colleghi! - L'attività parlamentare, nella sua peculiarità, richiede la collaborazione di personale qualificato, dotato di grande professionalità e, al contempo, della necessaria «elasticità» temporale e territoriale, che tuttavia non deve equivalere a condizioni di precarietà e assenza di regole e tutele specifiche. Proprio perché riteniamo meritorio l'intento di rendere trasparenti i rapporti di lavoro e il loro accreditamento presso le Camere, crediamo non sia sufficiente, né per il contraente diretto, né per l'istituzione «sovventrice», acquisire atti che non contengano elementi di chiarezza nella regolamentazione dei rapporti o, nel peggiore dei casi, disattendano nella pratica ciò che sanciscono formalmente. Inoltre la mancanza di chiarezza nella regolamentazione dei rapporti può prestarsi a facili strumentalizzazioni.
      Il servizio giornalistico trasmesso poco tempo fa su una rete televisiva privata ha aperto, ancora una volta, il vaso di Pandora nel quale scopriamo - ma già molti media nel tempo ne avevano dato contezza - quelle che devono essere considerate le vere incongruenze del nostro sistema e come tali andrebbero subito trattate affinché non incancreniscano. Il problema evidenziato ci obbliga a fare delle amare ma doverose riflessioni sulla credibilità ed efficacia delle norme che il nostro Parlamento produce, con costi tutt'altro che irrisori, e a cui tutti i cittadini - nessuno escluso - sono chiamati a conformarsi, rispettandole e facendole rispettare.
      Il fatto inconfutabile è che al giorno d'oggi, benché le organizzazioni non lucrative di utilità sociale proliferino in Italia, risulta dagli accrediti ai palazzi

 

Pag. 2

della Camera dei deputati che ben 629 «volontari» giovani e meno giovani «regalano» ai deputati anche 9-10 ore di lavoro al giorno, tutti i giorni. Il che appare poco credibile, perché non credo trattarsi di 629 uomini o donne che hanno fatto del volontariato la loro vocazione di vita. Siamo consapevoli della delicatezza dell'argomento, a partire dal rapporto fiduciario instaurato tra collaboratori e deputati o gruppi parlamentari, così come siamo consci della mancanza di riferimenti che consentano di regolare al meglio e di dare certezza a questi rapporti di lavoro. È vero, infatti, che se la maggior parte delle collaborazioni parlamentari riveste carattere di atipicità, ciò è dovuto non tanto ad una negligenza del singolo deputato, bensì all'oggettiva impossibilità del deputato medesimo di assumere con contratto regolare una persona di sua fiducia. Stante la vigente normativa, infatti, la singola persona fisica, in quanto appunto non persona giuridica, né sostituto d'imposta, non può essere datore di lavoro, eccezion fatta per le assunzioni di collaboratori familiari e badanti. Ad oggi, dunque, per un deputato la sola via di assumere regolarmente il proprio collaboratore è per il tramite di un ente terzo con personalità giuridica.
      È pur vero, tuttavia, che per rispondere all'esigenza di una maggiore trasparenza nei rapporti giuridici tra deputati e collaboratori, l'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, in data 3 giugno 2003, approvò una nuova disciplina del procedimento di accreditamento dei collaboratori presso la Camera. In particolare, secondo quelle nuove disposizioni non più vigenti, al deputato che presentava richiesta di accredito per il proprio collaboratore si domandava di chiarire al momento della compilazione degli appositi moduli se si trattasse di rapporto di collaborazione a carattere oneroso ovvero a titolo non oneroso, quindi «gratuito». La recentissima delibera approvata dall'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati lo scorso 13 marzo 2007 e quella altrettanto recente del Senato della Repubblica hanno modificato sostanzialmente le disposizioni di accredito dei collaboratori, consentendone la possibilità solo ed esclusivamente ai collaboratori con i quali i deputati abbiano instaurato un regolare rapporto di lavoro a titolo oneroso; a tal fine il parlamentare deve consegnare copia del suddetto contratto stipulato con il collaboratore, recante l'attestazione di un consulente del lavoro o di altro qualificato professionista, per quanto attiene alla conformità del contratto stesso alla normativa vigente. La vera novità contenuta nella citata recente delibera consiste nell'accordare l'accredito ai collaboratori che abbiano un rapporto di lavoro con un soggetto terzo il quale, a sua volta, sia legato allo stesso deputato, ovvero al partito politico o al gruppo parlamentare di riferimento, con un contratto finalizzato alla prestazione di servizi.
      La seguente proposta di legge intende andare oltre e superare l'attuale limite per il singolo parlamentare di non poter essere datore di lavoro, dovendo ricorrere per forza di legge ad un soggetto terzo.
      L'articolo 1 indica le finalità della legge, mentre l'articolo 2 intende dare una definizione giuridica della figura di collaboratore parlamentare, attraverso l'elencazione delle mansioni.
      L'articolo 3 sottolinea il carattere temporaneo del rapporto di collaborazione, legato alla durata del mandato parlamentare e comunque sempre alla natura fiduciaria del rapporto stesso, mentre l'articolo 5 rinvia per il trattamento economico dei collaboratori ad un contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
      Ma è l'articolo 4 a rappresentare la res nova, ovvero consentire al singolo deputato di poter assumere direttamente il proprio collaboratore di fiducia, costituendosi in cooperativa a mutualità prevalente, con almeno altri due colleghi.
      Per favorire il ricorso a queste forme di gestione del rapporto di lavoro, l'articolo 6 - novellando l'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261 - rimette
 

Pag. 3

agli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati la determinazione di forme d'incentivo a favore degli enti, associazioni o cooperative costituite a tal fine secondo le norme della presente legge, nell'ambito della determinazione del contributo destinato ai parlamentari per la remunerazione dei loro collaboratori.
      Per i motivi fin qui esposti auspichiamo una rapida approvazione della presente proposta di legge, finalizzata, lo ribadiamo, a rendere più lineare, corretto e trasparente il rapporto tra l'eletto, il suo collaboratore e la Camera di appartenenza, perché riteniamo che solo una seria regolamentazione contrattuale di questi rapporti, così come avvenuto con altre autorevoli istituzioni e così come avviene già in altri Paesi europei, sia in grado di definire modalità comuni e di regolare con serietà, certezza e trasparenza queste modalità contrattuali, a partire dalla condivisione della effettiva natura del rapporto, dalla valorizzazione e dal riconoscimento della professionalità acquisita, specialmente sotto il profilo economico e giuridico, per arrivare a forme di tutela sociale e della dignità della persona che certamente stanno a cuore a tutti.
 

Pag. 4